venerdì 4 gennaio 2019

YELLOW BIRDS di Kevin Powers

Torno a recensire dopo lungo tempo. 
Questa mia assenza è stata dovuta ai tanti stravolgimenti (belli e brutti) che la vita mi ha regalato ed imposto.
Ma non ho smesso di leggere nel frattempo....anzi, ho in coda davvero tanto da recensire quindi preparatevi!
Lo faccio con questo libro straziante e che fa tanto arrabbiare, con il quale ho chiuso il 2018 e cominciato il 2019.

Partiti a diciott'anni. Talmente impreparati, talmente ingenui da credere che insieme ce l'avrebbero fatta. Bartle è devastato dal senso di colpa. Per non avere impedito che Murphy morisse. Per non essere riuscito ad attenuare la brutalità e l'orrore della guerra. Ora che è tornato a casa, vede Murphy ovunque. Insieme alle altre immagini dell'Iraq: i cadaveri che bruciano nell'aria pungente del mattino, i proiettili che si conficcano nella sabbia, le acque del fiume che ha inghiottito il loro sogno. E il tormento per la promessa che non ha saputo mantenere non gli dà pace. "Il miglior romanzo che abbia letto sulla guerra: essenziale, incredibilmente preciso, perfetto. Probabilmente è il libro più triste che io abbia letto negli ultimi anni. Ma triste in modo importante. Dobbiamo essere tristi, profondamente tristi, per quel che abbiamo fatto in Iraq". (Dave Eggers)

Yellow Birds mi ha indignata, intristita, imprigionata, delusa e poi ancora ferita, resa arida, frastornata, pulita e poi sporcata, disillusa.
Odio la guerra, la parola “guerra”, le piccole guerre e scaramucce in famiglia, le liti sul posto di lavoro, odio l’odiarsi e il farsi del male.
Sono ferocemente pacifista e contro la guerra.
Diciamo ottusamente pacifista.
E ne vado fiera.

Per cui, leggere di guerra, mi fa incazzare. È il termine corretto. Termine senza sfumature e senza ombre che uso quando sono proprio arrabbiata e tengo la rabbia tappata dentro di me per non farla sfiatare, perché un solo sfiato potrebbe causare esplosioni e tuoni e lampi.
Bartle e Murphy sono due ragazzini, ventunenne l’uno e diciottenne l’altro che per qualche astruso motivo che non mi sforzo nemmeno di capire (servire il paese??? Onorare la patria??? Bohhhhh…) hanno deciso di arruolarsi e di partire volontari per la guerra in Iraq.
La voce narrante, Bartle, si è preso Murph sotto l’ala, con l’obiettivo e la promessa alla madre di quest’ultimo di riportarlo a casa intero, salvo, ma soprattutto vivo…
Nessuno dei due tornerà a casa intero, uno forse vivo… forse.
La in Iraq è stata una guerra atroce, che forse definirei quasi comica perché non se ne capiscono lo scopo, né l’obiettivo, né il risultato. È una guerra che Kevin Powers descrive così:

La guerra provò a ucciderci in primavera. Quando l'erba tingeva di verde le pianure del Ninawa e il clima si faceva piú caldo, pattugliavamo le colline basse dietro città e cittadine. Superavamo le alture e ci spostavamo nell'erba alta mossi dalla fede, aprendoci sentieri con le mani come pionieri, tra la vegetazione spazzata dal vento. Mentre dormivamo, la guerra sfregava a terra le sue mille costole in preghiera. Quando arrancavamo, sfiniti, i suoi occhi erano bianchi e spalancati nel buio. Se noi mangiavamo, la guerra digiunava, nutrita dalle sue stesse privazioni. Faceva l'amore e procreava e si propagava col fuoco. Poi, in estate, la guerra provò a ucciderci mentre il calore prosciugava dei colori le pianure.

Quindi, carissimi, vi lascio immaginare cosa abbia scatenato dentro un’ottusa pacifista un libro sulla guerra così crudo e lucido. Scritto con maestria, a tratti poetico, decisamente un bellissimo libro. Ma che mi ha provocato la gastrite e, insieme, fatto piangere.
E mai altro commento ho trovato più calzante di quello di Dave Eggers (che amo come scrittore). Lo amo perché si sa schierare senza nascondersi, così come io mi schiero senza nascondermi: “Yellow Birds” è da leggere, ma bisogna essere pronti a tutto.
E duri di stomaco e di cuore.
Potrebbe rompervelo.

Titolo italiano: Yellow Birds
Titolo originale: 
Yellow Birds
Autore: Kevin Powers
Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2013



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