domenica 15 aprile 2018

IL MINISTERO DELLA SUPREMA FELICITÀ di Arundhati Roy


Il fulcro del libro è l'amore
di tre uomini per la stessa donna. Non sono uomini canonici: uno di loro, infatti, si batte a fianco della resistenza in Kashmir. L'autrice ci da uno spaccato dell'eterna guerra civile che  imperversa nel Kashmir, per l'indipendenza della stessa regione dall'India. La contesa tra India e Pakistan, qui, va avanti da decenni. 
Il tema, quindi, è delicato e mescolato con altri temi "caldi" e centrali dell'India moderna: l'ermafroditismo, la differenza di casta e di genere, la religione. La storia è fitta e complessa, piena di flashback e di intrecci, di personaggi che tornano a far capolino dopo centinaia di pagine.
Si va da A a B in modo tutt'altro che lineare. Consiglio per chi della storia dell'India sa poco: prima di affrontare la lettura di questo libro fate un mini ripasso della storia del paese dalla partizione ai giorni nostri.

Recensione
Ho letto e amato "Il Dio delle piccolo cose" che nel 1997 ha vinto il Man Booker Prize, primo romanzo di Arundhati Roy. Vorrei rileggerlo, dopo 15 anni dalla mia prima lettura. E gli dedicherò sicuramente un post dopo averlo riletto.
Ma ora parliamo di questo meraviglioso libro, anch'esso finalista al Man Booker Prize nel 2017.
L'ho letto d'un fiato durante un fine settimana di assoluta solitudine intriso di nostalgia.
L'ho letto con concentrazione, perché serve.
L'ho letto con attenzione, perché amo la storia dell'India e sono anche discretamente e modestamente preparata sul tema.
L'ho letto col cuore perché questo libro lo merita.
E in tante pagine ho ritrovato pezzi di me, come qui:

Non so dove fermarmi, né come andare avanti. Mi fermo quando non dovrei. Vado avanti quando dovrei fermarmi. C'è stanchezza in me. Ma c'è anche ribellione. Insieme stanchezza e ribellione in questo momento mi definiscono. Insieme mi rubano il sonno, e insieme mi risanano l'anima. I problemi per cui non vedo soluzione sono moltissimi. Gli amici si trasformano in nemici. Se non espliciti e dichiarati, silenziosi e reticenti. Ma devo ancora vedere un nemico che si trasforma in amico. Sembra non esserci speranza. Ma fingere di avere speranza è il nostro unico privilegio...

Questo è un romanzo scritto meravigliosamente bene da una scrittrice che ha la capacità di attirarti, risucchiarti dentro il libro. I giorni della lettura sono stati giorni da zoombie, camminavo per casa quasi posseduta, lasciavo il libro a riposare sul cuscino ma dopo mezz'ora lo andavo a cercare. Ne volevo ancora e sempre di più. Anche se mi ha strizzato il cervello, ne sono uscita centrifugata, quasi spossata. Perché ho compresso tutto lì dentro: un po' di me, tanto del mio passato e un bel po' del mio presente. Mi ha costretto a piangere quando non lo volevo fare (che di lacrime, in questi anni, ne ho già prodotte tante) e mi ha obbliga a tirare fuori delle cose dormienti, che avevo nascosto sotto la sabbia.
Mi ha dato il coraggio di ammettere cose, a me stessa e agli altri, che non volevo ammettere.
Mi ha spronato a fare passi, giusti o sbagliati che si riveleranno.
Di certo mi ha dato vita.
Arundhati Roy scrive come io vorrei scrivere ma non so fare. È geniale e sentimentale, socialmente impegnata, è l'India fuori dall'India.
E tutte queste cose gliele invidio.
Leggetelo perché è un capolavoro letterario e vi lascerà attoniti, scossi, commossi e desiderosi di saperne di più di un mondo magico così lontano dal nostro.
Un commento all'edizione italiana: Guanda non tradisce mai! Un piccolo gioiello!


Titolo italiano: Il Ministero della Suprema Felicità
Titolo originale: The Ministry of Utmost Happiness
Autore: Arundhati Roy
Editore: Guanda
Anno di pubblicazione: 2017

Voto

10.0/10

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