venerdì 27 aprile 2018

TERREMOTO di Chiara Barzini

Eugenia, giovane adolescente, si trasferisce a Los Angeles con la famiglia (genitori, fratello e nonna). Qui, il padre, vuole inseguire il sogno di raggiungere il successo come regista.
Sradica quindi tutta la famiglia da Roma per portarla a Hollywood nel tentativo di realizzare il suo sogno improbabile e strampalato.
La protagonista si trova, quindi, catapultata in un mondo “enorme”, “fuori taglia”, rispetto a quello in cui è cresciuta. Quella che trova negli USA è una realtà ostile, cruda, violenta. Qui fa le sue prime esperienze col sesso e le droghe, i rave party e le strane amicizie. È un mondo dove si trova a dover imparare a sopravvivere, inizialmente esclusa da tutti, in primis per un fattore linguistico, ma anche per la sua non appartenenza ad una gang, ad un filone comportamentale specifico o ad un gruppo razziale.


È anche una storia di contrasto con i genitori: due soggetti “alternativi”, presi dalla loro foga di arrivare e di trovare la propria realizzazione personale in tutti i modi, anche in quelli meno convenzionali. E la figlia rimane, per loro, sullo sfondo. Eugenia cade, quindi, in comportamenti autodistruttivi e pericolosi e in esperienze degradanti e insane, soprattutto per una giovane donna priva di protezioni verso il mondo esterno.
Ma, nonostante tutto, sopravvive e vive.

Recensione
Questo è il primo romanzo della giovane autrice che, prima, lo ha scritto in inglese, e poi lo ha tradotto in Italiano.
È un romanzo amaro, cupo, struggente, a tratti ironico e istrionico.
Ma più di tutto è crudo, essenziale nel suo essere realista e nel raccontarci una realtà e una società a cui abbiamo sempre guardato con un senso di fiducia, spesso come un miraggio. Il famoso “sogno americano”.
Ma, qui, l’autrice ci dipinge un “sogno americano” infranto, uno specchio rotto in tanti pezzi che riflettono tutte le sfaccettature di una realtà che ci hanno, troppo spesso, dipinto come magica, come quello a cui dovremmo aspirare.
E, invece, nascoste sotto la sabbia, si trovano tante bruttezze che ci fanno rendere conto di come ci hanno, a volte, imposto delle allucinazioni capaci di distorcere la realtà, trasponendola in “altro” rispetto a quella che realmente è.
È particolarmente bello il contrasto tra la prima e l’ultima parte del romanzo (entrambe ambientate negli USA) e la parte centrale dove Eugenia racconta un’estate passata in vacanza nelle isole Eolie. Qui, ospite di uno zio, trova una società allo stato quasi primitivo, una realtà opposta a quanto si è abituata a vivere in America.
Gli isolani, infatti, vivono con pochissimo, parlano solo il dialetto siciliano, si cibano dei pochi prodotti della terra, non hanno acqua corrente e hanno gli asini come unico mezzo di trasporto.
Ma, nonostante la trasposizione bucolica della storia, che fa sperare in una sorta di rilassamento del romanzo, che, qui, se solo l’autrice lo volesse, potrebbe facilmente prendere respiro e una piega quasi fatata, la scrittrice si mantiene coerente nella sua crudezza. Anzi, forse, in questa parte, ci disillude ancora di più riguardo ad una possibile svolta del romanzo in una fase più luminosa e ci obbliga a continuare il cammino su un sentiero amaro e buio, con solo qualche sprazzo di cielo azzurro.

È particolarmente triste il modo in cui l’autrice dipinge il rapporto tra Eugenia e la famiglia, soprattutto con i due genitori. Quella descritta è una genitorialità quasi inesistente: impegnati come sono, i due, a cercare la propria realizzazione personale che i figli vengono lasciati quasi sullo sfondo, dimenticati con la scusa del progressismo che scade, a volte, nel semplice menefreghismo.
Infatti, quella raccontata, è più un’incapacità intrinseca del genitore nell’arte di educare, piuttosto che un’educazione costruita sulla convinzione della necessità di lasciare i figli liberi di scegliere e sperimentare.
Ecco infatti come Eugenia descrive se stessa e la realtà che le sta intorno:

Mi tremarono le ginocchia. Fui assalita dal panico perché mi ero levata il mio costume di gomma. Ora il mio cuore era diventato più grande e più vulnerabile e la mia famiglia mi sembrava un gruppo di disperati, anche loro a ululare nella tempesta una canzone che nessuno avrebbe ascoltato.

È, tuttavia, anche un romanzo di rinascita (con il terremoto come elemento catartico), che ci lascia credere che uno splendore, da qualche parte ci sia.
Vi lascio con un piccolo estratto, secondo me bellissimo e magicamente scritto (che da solo vale la lettura):

Ci fu un silenzio e poi un alito caldo e costante contro la schiena, un vento forte e secco che soffiava dal deserto spingendomi verso la città e il suo oceano. Mi toccava, muovendosi in tante direzioni contemporaneamente, sfiorandomi le tempie. Avevo già sentito quella brezza, avevo visto quella luce e sapevo cos'era: il luminoso invisibile. Questa volta feci come aveva detto Max. non cercai di afferrarlo, non mi concentrai né provai a capirlo. Lo lasciai splendere.

NOTA: per chi è abbastanza bravo con l'inglese, lo consiglio in lingua originale. Lo potete trovare qui.

Titolo italiano: Terremoto
Titolo originale: Things That Happened Before the Earthquake
Autore: Chiara Barzini
Editore: Mondadori
Anno di pubblicazione: 2017

Voto

7.0/10

Nessun commento:

Posta un commento