
Sradica quindi tutta la famiglia da Roma per portarla a Hollywood nel tentativo di realizzare il suo sogno improbabile e strampalato.
La protagonista si trova, quindi, catapultata in un mondo “enorme”, “fuori taglia”, rispetto a quello in cui è cresciuta. Quella che trova negli USA è una realtà ostile, cruda, violenta. Qui fa le sue prime esperienze col sesso e le droghe, i rave party e le strane amicizie. È un mondo dove si trova a dover imparare a sopravvivere, inizialmente esclusa da tutti, in primis per un fattore linguistico, ma anche per la sua non appartenenza ad una gang, ad un filone comportamentale specifico o ad un gruppo razziale.
È anche una storia di contrasto con i genitori: due soggetti “alternativi”, presi dalla loro foga di arrivare e di trovare la propria realizzazione personale in tutti i modi, anche in quelli meno convenzionali. E la figlia rimane, per loro, sullo sfondo. Eugenia cade, quindi, in comportamenti autodistruttivi e pericolosi e in esperienze degradanti e insane, soprattutto per una giovane donna priva di protezioni verso il mondo esterno.
Ma, nonostante tutto, sopravvive e vive.
Recensione
Questo è il
primo romanzo della giovane autrice che, prima, lo ha scritto in inglese, e poi
lo ha tradotto in Italiano.
È un romanzo
amaro, cupo, struggente, a tratti ironico e istrionico.
Ma più di
tutto è crudo, essenziale nel suo essere realista e nel raccontarci una realtà
e una società a cui abbiamo sempre guardato con un senso di fiducia, spesso
come un miraggio. Il famoso “sogno americano”.
Ma, qui, l’autrice
ci dipinge un “sogno americano” infranto, uno specchio rotto in tanti pezzi che
riflettono tutte le sfaccettature di una realtà che ci hanno, troppo spesso,
dipinto come magica, come quello a cui dovremmo aspirare.
E, invece,
nascoste sotto la sabbia, si trovano tante bruttezze che ci fanno rendere conto di come ci hanno, a volte, imposto delle allucinazioni capaci di distorcere la
realtà, trasponendola in “altro” rispetto a quella che realmente è.
È particolarmente
bello il contrasto tra la prima e l’ultima parte del romanzo (entrambe
ambientate negli USA) e la parte centrale dove Eugenia racconta un’estate
passata in vacanza nelle isole Eolie. Qui, ospite di uno zio, trova una società
allo stato quasi primitivo, una realtà opposta a quanto si è abituata a vivere
in America.
Gli isolani,
infatti, vivono con pochissimo, parlano solo il dialetto siciliano, si cibano
dei pochi prodotti della terra, non hanno acqua corrente e hanno gli asini come
unico mezzo di trasporto.
Ma, nonostante
la trasposizione bucolica della storia, che fa sperare in una sorta di
rilassamento del romanzo, che, qui, se solo l’autrice lo volesse, potrebbe facilmente
prendere respiro e una piega quasi fatata, la scrittrice si mantiene coerente
nella sua crudezza. Anzi, forse, in questa parte, ci disillude ancora di più
riguardo ad una possibile svolta del romanzo in una fase più luminosa e ci
obbliga a continuare il cammino su un sentiero amaro e buio, con solo qualche
sprazzo di cielo azzurro.
È particolarmente
triste il modo in cui l’autrice dipinge il rapporto tra Eugenia e la famiglia,
soprattutto con i due genitori. Quella descritta è una genitorialità quasi
inesistente: impegnati come sono, i due, a cercare la propria realizzazione
personale che i figli vengono lasciati quasi sullo sfondo, dimenticati con la
scusa del progressismo che scade, a volte, nel semplice menefreghismo.
Infatti,
quella raccontata, è più un’incapacità intrinseca del genitore nell’arte di
educare, piuttosto che un’educazione costruita sulla convinzione della
necessità di lasciare i figli liberi di scegliere e sperimentare.
Ecco infatti
come Eugenia descrive se stessa e la realtà che le sta intorno:
Mi tremarono
le ginocchia. Fui assalita dal panico perché mi ero levata il mio costume di
gomma. Ora il mio cuore era diventato più grande e più vulnerabile e la mia
famiglia mi sembrava un gruppo di disperati, anche loro a ululare nella
tempesta una canzone che nessuno avrebbe ascoltato.
È, tuttavia,
anche un romanzo di rinascita (con il terremoto come elemento catartico), che ci lascia credere che uno splendore, da
qualche parte ci sia.
Vi lascio
con un piccolo estratto, secondo me bellissimo e magicamente scritto (che da
solo vale la lettura):
Ci fu un
silenzio e poi un alito caldo e costante contro la schiena, un vento forte e
secco che soffiava dal deserto spingendomi verso la città e il suo oceano. Mi toccava,
muovendosi in tante direzioni contemporaneamente, sfiorandomi le tempie. Avevo già
sentito quella brezza, avevo visto quella luce e sapevo cos'era: il luminoso
invisibile. Questa volta feci come aveva detto Max. non cercai di afferrarlo,
non mi concentrai né provai a capirlo. Lo lasciai splendere.
NOTA: per chi è abbastanza bravo con l'inglese, lo consiglio in lingua originale. Lo potete trovare qui.
Titolo italiano: Terremoto
Titolo originale: Things That Happened Before the Earthquake
Autore: Chiara Barzini
Editore: Mondadori
Anno di pubblicazione: 2017
Voto
7.0/10
Autore: Chiara Barzini
Editore: Mondadori
Anno di pubblicazione: 2017
Voto
7.0/10
Nessun commento:
Posta un commento