sabato 16 gennaio 2021

LA CICALA DELL'OTTAVO GIORNO di Mitsuyo Kakuta

Sinossi
Kiwako è un’attraente ragazza quando, alla fine degli anni Ottanta, viene assegnata dalla K, una grande industria di abbigliamento intimo, alle Pubbliche relazioni col compito di illustrare sul bollettino mensile dell’azienda i profili dei nuovi impiegati. Incaricata di descrivere Akiyama Takehiro, un impiegato di Nagano appena approdato alla sede centrale di Tokyo, Kiwako commette un errore grossolano. Pubblica, a corredo dell’articolo, una fotografia che non ritrae il nuovo arrivato, ma l’impiegato oggetto del pezzo successivo. Quando va a scusarsi con Takehiro, questi risponde scherzosamente: «Invitami a cena e sarai perdonata».
La cena si svolge, e si rivela fatidica. I due cedono senza ritegno alla passione e si legano in un rapporto che non risparmia a Kiwako umiliazioni e ferite. Takehiro, infatti, è sposato con Etsuko, un’impiegata part-time presso la K di Nagano, e non esita a ricorrere a menzogne, sotterfugi e false promesse, innanzi tutto quella di abbandonare la moglie, pur di tenere legata a sé Kiwako.
Dopo aver subito un aborto dalle conseguenze irreparabili e aver assistito, sgomenta, alla nascita della bambina di Takehiro ed Etsuko, Kiwako compie qualcosa di inimmaginabile, un crimine per il quale finisce ricercata dall’intero commissariato di polizia di Hino, a Tokyo. Penetra in casa di Takehiro ed Etsuko e rapisce Erina, la loro figlia di sei mesi.
Con la bambina in braccio, una neonata che sorride dolcemente, Kiwako riesce a far perdere le proprie tracce e a raggiungere una comune tra le montagne chiamata la «Casa degli angeli», i cui abitanti – tutte donne – vivono nutrendosi dei frutti della terra e condividendo ogni bene.

Recensione
Non ho mai trovato semplice approcciarmi alla letteratura Giapponese: pur se spesso ne sono rimasta stregata (Kafka sulla spiaggia, Le quattro casalinghe di Tokyo...amore allo stato puro), altrettanto spesso mi sono ritrovata spiazzata dalle atmosfere tetre, cupe, da storie di solitudine e di disagio sociale.
Spesso la letteratura Giapponese è intrisa di alcolismo, violenza, perversione sessuale, solitudine. La totale mancanza di luce in pagine e pagine di letteratura mi "disturba" e, alla lunga, stufa...
Sono partita, lo ammetto, prevenuta nei confronti di questa lettura ma, contemporaneamente, speranzosa di incappare in un'altra perla della letteratura Giapponese.
Il romanzo è nettamente diviso in due parti: la prima narra la storia del rapimento di Erina dal punto di vista di Kiwako, la sua rapitrice, mentre nella seconda parte, facendo un salto in avanti di una ventina di anni, Erina stessa ci racconta di se, dall'infanzia all'età adulta.
Vediamo, quindi, Kiwako tramite gli occhi dell'Erina donna e scopriamo che Kiwako è insieme vittima e carnefice, è, sì, colpevole di rapimento ma ha saputo amare immensamente la piccola Erina, più degli stessi genitori naturali, i quali, invece, hanno sempre fatto sentire Erina infelice e a disagio.

D'ora in poi ti restituirò tutto, piccina mia, ho ripreso a pensare. Ti ridarò tutto ciò che ti ho preso, fino all'ultima cosa, te lo prometto. Ti ridarò il mare e le montagne, e anche i fiori a primavera e la neve durante l'inverno.

È questo il pensiero fisso di Kiwako quando scappa dalla "Casa degli Angeli": donare tutto ciò che di bello offre il mondo alla sua piccola e restituirle quello di cui la clausura l'ha privata.
Erina ha infatti passato gran parte della sua fanciullezza rinchiusa con Kiwako nella "Casa degli Angeli", una sorta di setta che accetta, come membri, solamente donne sterili o che hanno avuto almeno un aborto. E' una scatola chiusa da dove niente può uscire e niente può entrare: isolate dal mondo esterno queste donne, fanciulle e neonate vivono segregate. Condizionate dal loro essere sole, senza un compagno o marito o senza mezzi di sussistenza queste donne non hanno altro rifugio se non questo.
Nonostante tutto Erina ripensa agli anni trascorsi in compagnia della sua rapitrice (sia dentro che fuori dalla "Casa degli Angeli") con estrema nostalgia: sono anni intrisi di tenerezza e di amore materno, di cure, di attenzioni... è tutto molto più di quanto riceverà, poi, dalla sua famiglia naturale.
L'autore si schiera, e ci fa schierare con la colpevole che diventa "la buona" mentre la vera madre riveste il ruolo della "cattiva": quest'ultima, infatti, incurante della piccola neonata esce di casa per accompagnare il marito alla stazione lasciando sola la piccola che, in quel frangente, viene rapita. 
La madre naturale di Erina viene descritta, fin dall'inizio, come una madre assente e poco attenta ai bisogni della figlia. Chi mai lascerebbe da sola in casa una neonata di pochi mesi?
Questo è un romanzo quasi esclusivamente al femminile, tutti i personaggi principali sono donne, e i pochi personaggi maschili sono marginali o comunque descritti con accezione negativa.
È un romanzo scritto molto bene, capace di toccare temi delicati con molto tatto e senza scontatezza. 
Sicuramente meritevole di lettura ma che non posso mettere alla pari di altri romanzi giapponesi che io ritengo capolavori.
Una buona lettura per i maschietti, utile sicuramente ad aprire punti di vista e a dare spunti per l'analisi del complesso "mondo donna".

Titolo italiano: La cicala dell'ottavo giorno
Titolo originale: 
Yōkame no semi
Autore: Mitsuyo Kakuta
Editore: Neri Pozza
Anno di pubblicazione: 2014


Voto

8.0/10



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