Sinossi
Con un rivoluzionario atto di fantasia, Bernardine Evaristo immagina un mondo in cui la tratta atlantica degli schiavi viene ribaltata lungo la linea del colore: sono i neri (anzi, i nehri) ad aver fondato un impero coloniale a partire dal Regno Unito di Grande Ambossa, e i bianchi (anzi, i bianki) a essere razziati dall'Europa e trasportati come schiavi al di là del mare, nelle Isole del Giappone Occidentale. La vicenda che seguiamo è quella di Doris, strappata da bambina alle campagne feudali inglesi e venduta ai ricchissimi proprietari di una piantagione, che da adulta sceglie finalmente di inseguire (grazie anche a una ferrovia sotterranea...) la libertà.
Recensione
Prendete Zadie Smith, mescolatela con un pizzico di Colson Whitehead e con una buona dose di Marlon James e troverete la giusta formula per capire questo romanzo di Bernardine Evaristo. È il primo che leggo di questa scrittrice Britannica (non ho ancora letto il suo più famoso Ragazza, donna, altro vincitore del Man Booker Prize) e sono rimasta attonita.
Si, perché Bernardine Evaristo costruisce un mondo distopico ed al contrario, dove la tratta degli schiavi bianki, biondi, magri e dagli occhi azzurri va dall'Europia al regno di Ambossa nel Giappone Occidentale e Doris, la protagonista di questo romanzo, ci conduce dentro tutte le sfaccettature di questo mondo in bilico tra la distopia, il fantasy e il reale.
Doris, prima schiava "privilegiata" alle dipendenze del padrone con il ruolo di dama di compagnia della figlia, alla morte tragica di quest'ultima, decide di scappare.
Riacciuffata, viene destinata a una forma di schiavitù più fisica, quella del lavoro nei campi. È qui che vedrà atrocità e torture indicibili, che l'autrice ci descrive senza fronzoli e senza mezze misure (vi assicuro che alcune scene sono belle forti e solo per i più solidi di stomaco).
Doris è una donna a cui sono stati portati via i figli (come accade alle altre schiave), deportata in giovane età su una nave che attraversa l'oceano, vive in un mondo al contrario, una cartina tornasole per noi lettori, dove tutto è visto allo specchio: centinaia di anni di schiavismo e di storia immaginati invertendo i ruoli.
Una trovata davvero geniale quella di quest'autrice così volitiva nel voler parlare di razzismo. Una trovata così politica, critica: con ironia, mettendo sotto i riflettori tanti pregiudizi e tanti stereotipi, amplificandoli come in una lente di ingrandimento ci serve sul piatto un mondo tanto crudo e sleale, ingiusto da non sembrare essere vero...anche se reale, purtroppo, lo è stato.
Bellissimi i nomi storpiati scelti per descrivere i luoghi teatro di questo romanzo (ad esempio Londolo per Londra) e la scelta linguistica assai particolare, ricca di termini inventati dall'autrice e di richiami a canti gospel e religiosi. Si vede che, dietro, c'è un grande studio stilistico e narrativo.
Non aspettatevi, quindi, un romanzo semplice: per me non lo è stato, in primis per l'argomento, che è un bel pugno nello stomaco (non è esattamente come leggere Sola come un gambo di sedano sotto l'ombrellone), ma anche per lo stile dell'autrice e la costruzione del romanzo, scritto totalmente in prima persona ma cambiando le voci narranti (passiamo da Doris, al suo carnefice/padrone, poi nuovamente a Doris).
Insomma, lo giudico un libro che va letto ma con un certo spirito critico e con la voglia di mettersi in gioco, come lettore e come persona.
Titolo italiano: Radici bionde
Titolo originale: Blonde Roots
Autore: Bernardine Evaristo
Editore: Sur
Anno di pubblicazione: 2021
Voto
8.0/10
Nessun commento:
Posta un commento