martedì 8 febbraio 2022

ACCABADORA di Michela Murgia

Sinossi
Perché Maria sia finita a vivere in casa di Bonaria Urrai, è un mistero che a Soreni si fa fatica a comprendere. La vecchia e la bambina camminano per le strade del paese seguite da uno strascico di commenti malevoli, eppure è così semplice: Tzia Bonaria ha preso Maria con sé, la farà crescere e ne farà la sua erede, chiedendole in cambio la presenza e la cura per quando sarà lei ad averne bisogno. Quarta figlia femmina di madre vedova, Maria è abituata a pensarsi, lei per prima, come "l'ultima". Per questo non finiscono di sorprenderla il rispetto e le attenzioni della vecchia sarta del paese, che le ha offerto una casa e un futuro, ma soprattutto la lascia vivere e non sembra desiderare niente al posto suo. "Tutt'a un tratto era come se fosse stato sempre così, anima e fili'e anima, un modo meno colpevole di essere madre e figlia". Eppure c'è qualcosa in questa vecchia vestita di nero e nei suoi silenzi lunghi, c'è un'aura misteriosa che l'accompagna, insieme a quell'ombra di spavento che accende negli occhi di chi la incontra. Ci sono uscite notturne che Maria intercetta ma non capisce, e una sapienza quasi millenaria riguardo alle cose della vita e della morte. Quello che tutti sanno e che Maria non immagina, è che Tzia Bonaria Urrai cuce gli abiti e conforta gli animi, conosce i sortilegi e le fatture, ma quando è necessario è pronta a entrare nelle case per portare una morte pietosa. Il suo è il gesto amorevole e finale dell'accabadora, l'ultima madre.

Recensione
La Serdegna narrata in questo libro mi è vicina e molto famigliare. Conosco molto bene quella parte di isola: già perché il mio cuore è in mano a qualcuno che li ci è nato e cresciuto e il mio DNA si è unito al suo per generare due piccoli mostri, metà biondi e metà mori.
È una Sardegna antica quella che ci racconta Michela Murgia in Accabadora ma che, per molti versi, rimane identica e ibernata nel tempo, giungendo fino a noi 70 anni dopo ancora uguale ad allora.
Nelle pagine di questo libro respiro, quindi, la stessa aria che mi accoglie quando metto piede su quell'isola aspra e, per certi versi, sperduta, lontana, unica e rara.
Tzia Bonaria è l'Accabadora, colei che finisce, l'ultima madre che ti accompagna nell'ultimo e impietoso viaggio in questa vita terrena.
Fatica a capirlo, Maria, quarta figlia femmina di una famiglia povera che è rimasta senza capofamiglia. La madre decide, quindi, di darla in affidamento, di farla fill'e anima a Tzia Bonaria, donna anziana rimasta sola e senza figli che, in apparenza, fa la sartina.
Sarà lei a crescere Maria e a spiegarle l'importanza dell'istruzione e dell'essere retti, giusti, farle capire, con parole forti e ferme che è tanto importante non rubare quanto non mentire. Sarà lei a crescerla, in questo paesino sperduto nella campagna Oristanese, dove tutto è legato alla tradizione.
E sarà Maria, dopo essersi allontanata per un periodo per andare a servizio in Continente, che tornerà al capezzale di Tzia Bonaria in punto di morte per accompagnarla, a sua volta, nel suo ultimo viaggio.
La figura di Tzia Bonaria, legata ad una tradizione antica e magica, è bellissima: colei che per pietà e per amore pone fine alle tribolazioni e al dolore fisico e dell'anima. Una figura, in un certo senso, avanguardista per la nostra cultura italiana così legata alla religione cattolica. 
E un tema, quindi, quello di questo libro, assai spinoso, affrontato con intelligenza estrema e regalatoci con uno scrivere aspro, bruciato dal sole, pregno, di vita e di morte, di tradizione, di sole e mare, di rughe...
Un libro che, credo, potesse essere partorito solo da una donna che viene da quella terra così rugosa e pungente in superficie e così materna e accogliente dentro.
Come questo libro, che ti accoglie col suo canto, e ti tira dentro le pagine, ti fagocita, per amarlo (o per odiarlo, magari) senza mezze misure.


Titolo: Accabadora
Autore: Michela Murgia
Editore: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2009

Voto
9.0/10


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