giovedì 19 agosto 2021

L'OCCHIO DEL LEOPARDO di Henning Mankell

Sinossi
Figlio di una donna che non ha mai conosciuto e di un tagliaboschi con l'anima del marinaio, dal nord della Svezia Hans Olofson è arrivato nello Zambia inseguendo un sogno altrui. Profondamente colpito dall'immensa bellezza dell'Africa, decide di fermarsi, convinto di avere trovato una nuova casa. Per la fattoria che ha rilevato a Lusaka insegue ambiziosi piani di riforma, ma in quella terra ignota, completamente priva di punti di riferimento e proprio per questo così seducente, impara presto a conoscere il disprezzo dei bianchi e il sospetto dei neri, mentre la tensione e le minacce continuano a crescere intorno a lui. Un giorno, anche i suoi vicini vengono barbaramente uccisi, e Hans Olofson comincia ad avere paura, assalito dalla stessa impotenza che provava da bambino, quando il gelo faceva gemere le travi della sua casa vicino al fiume. Negli anni, il sogno africano si trasforma in una lotta per la vita e la morte. Intrecciando passato e presente, dai campi ghiacciati della Svezia alla soffocante calura dei tropici, "L'occhio del leopardo" è un viaggio non sentimentale alla scoperta di due culture inconciliabilmente diverse, un romanzo psicologico che scava nella mente di un uomo perduto in un mondo sconosciuto.

Recensione
AFRICA...
Chi l'Africa non l'ha mai vissuta in prima persona forse avrà difficoltà ad entrare appieno nello spirito di questo bel romanzo di Henning Mankell che, davvero, qui ci racconta con spietatezza e senza veli, lo Zambia degli anni 70/80.
Quanto mi hanno fatto sorridere certi suoi aneddoti, dal primo viaggio dall'aeroporto all'hotel durante il suo primo giorno nel continente africano, alla scena degli operai che incrociano le braccia perché convinti che le uova di gallina che devono raccogliere genereranno serpenti bianchi, perché frutto della magia nera...il taxi sgangherato e con le gomme completamente lisce, le superstizioni e i ciondoli anti demoni e spiriti maligni...sono tutte cose che ancora potrete trovare intatte nell'Africa degli anni 2020, circa cinquant'anni dopo, come se tutto fosse rimasto congelato alla metà del secolo scorso, immutato nonostante il progresso, la globalizzazione, le comunicazioni avanzate, internet e gli smartphone di ultima generazione.
Un'Africa ricca di contraddizioni, ancora troppo gravata dalla dicotomia tra sé stessa e l'Occidente, oppressa dalle guerre civili e dall'ignoranza e scarso sviluppo, dallo scarsissimo accesso alle risorse fondamentali. Un' Africa contro l'uomo bianco ma, per certi versi, a lui inestricabilmente legata e dipendente.
Un' Africa nella quale tutti sono contro tutti e dove non c'è nessuno di cui ci si possa veramente fidare: funzionari statali corrotti, espatriati bianchi che lavorano per la cooperazione senza nessuna etica, missionari che hanno distorto il senso della loro missione, uomini con idee politiche radicali da cui guardarsi le spalle, finti amici che tentano di assalirti nella notte...
È forse per questa sfiducia nel continente che Mankell, dopo quasi 20 anni di vita africana, decide di abbandonare il continente che lo ha accolto e che ha tanto amato.
Ed è bellissima la scelta di Mankell di appaiare il racconto della giovinezza del protagonista cresciuto nella Svezia degli anni '50 e della sua maturità africana negli anni 70/80. Una scelta da cui viene fuori l'ampio contrasto tra due realtà di vita opposte eppure entrambe crude e, in fondo in fondo, infelici.
Saranno infatti due episodi di vita di Hans, due disgrazie accadute a persone a lui molto care, che lo indurranno al suo primo viaggio in Africa. La vita del protagonista nel paese di origine è infelice, si sente irrealizzato e senza radici, senza legami solidi (la madre lo ha abbandonato in tenerissima età ed il padre è un'irriducibile alcolista), e sull'onda di questi sentimenti decide di inseguire il sogno di una donna che ha amato e di partire, quindi, per lo Zambia.
È molto bella e abile la scrittura di Mankell che ci presenta un'Africa senza fronzoli e senza sconti, ci parla del razzismo imperante ma anche dell'incapacità di questo continente (ed, in particolare, di alcune nazioni) di emanciparsi e svilupparsi camminando sulle proprie gambe.

La povertà e la vulnerabilità dei neri è la povertà del loro continente. Modelli di vita forzati e spezzati, la cui origine si perde nella notte dei tempi, sostituiti dai folli architetti dell'impero, che nel cuore della foresta tropicale e nelle piane dove pascolano gli elefanti insistono a indossare il frac.

Questa difficoltà, questa vulnerabilità le ho trovate ancora identiche oggi, come allora, in tanti paesi Africani. Un continente che, per molti versi, è cristallizzato nella sua versione "vintage".
È un romanzo che, sicuramente, lascia il segno specie in coloro che, come me, hanno avuto la fortuna, il privilegio e il coraggio di viversi l'Africa nella sua interezza, senza sfuggire alle difficoltà e alle brutture, un'Africa che, talvolta, sa essere meravigliosa.


Titolo italiano: L'occhio del leopardo
Titolo originale
: Leopardens oga
Autore: Henning Mankell

Editore: Marsilio

Anno di pubblicazione: 2014



Voto
8.0/10


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